ASSOCIAZIONE PROPRIETARI CASA
PIACENZA
SEDE TERRITORIALE DELLA
Spazi pubblici. Quello che l'Amministrazione chiama canone è in realtà la vecchia tassa
Cosap di nome, Tosap di fatto


Comune "bocciato" in giudizio dalla Commissione tributaria regionale


Il Comune di Piacenza pretende di applicare, per l'occupazione di aree pubbliche, il Cosap (Canone occupazione spazi ed aree pubbliche). In realtà, al di là del nome, si tratta né più né meno che della vecchia Tosap (Tassa occupazione spazi ed aree pubbliche). Lo ha stabilito la Commissione tributaria regionale - sezione di Parma, confermando due sentenze della Commissione tributaria provinciale di Piacenza.
Con una serie di conseguenze, a cominciare dal giudice al quale si deve ricorrere per contestare le pretese comunali al proposito: alla Commissione tributaria di via Carducci e non al Tribunale.
Nella sua ultima sentenza, la Commissione tributaria di via Carducci ha detto apertamente che il Cosap applicato dal Comune di Piacenza "non ha alcuna delle caratteristiche del canone richiamate dalla giurisprudenza della Suprema Corte". Infatti - prosegue sempre la Commissione regionale a proposito del caso al suo esame - "ci si trova di fronte ad una (pretesa) occupazione di fatto, senza un provvedimento concessorio dal quale possa emergere la commisurazione del canone ai costi ed alle spese sostenute dalla P.A., di cui deve mirare al recupero".

Il Collegio giudicante regionale (del quale faceva parte anche la commercialista piacentina, dottoressa Anna Maria Chiodaroli) così prosegue, nella motivazione della sua decisione: "L'Ente locale piacentino ha determinato - nella fattispecie concreta all'esame - la tariffa da versare in maniera forfettaria: il Cosap irrogato nell'anno 1999 risulta essere pari alla somma di Tosap e canone ricognitorio sino all'anno precedente; tale somma risulta priva delle caratteristiche del corrispettivo della concessione dell'uso di bene pubblico (proprio del Cosap), posto che non vi è alcuna correlazione tra di essa e la prestazione del Comune ed ha, di conseguenza, tutte le caratteristiche della tassa, trattandosi di una somma svincolata da valutazioni concrete, dovuta semplicemente ad una situazione di fatto e coattivamente imposta".
In concreto - prosegue la Commissione regionale - "il canone irrogato dal Comune è dunque una somma individuata presuntivamente, in maniera forfettaria, e non ha alcuna correlazione con il beneficio ricavabile dal contribuente e con le limitazioni che derivano al bene pubblico ed alla collettività, nè vi è alcun rapporto tra di esso e le spese sostenute dal Comune. Mancano, pertanto, i requisiti della corrispettività e della sinallagmaticità tra la gestione

del servizio ed il prelievo, elementi essenziali e qualificanti dell'entrata non tributaria, con conseguente affermazione, quindi, della giurisdizione tributaria".
La Commissione regionale ha liquidato con poche parole le ragioni del Comune di Piacenza (decisamente sfortunato, in giudizio: dal caso Maradini alla sentenza del Giudice di pace che ha respinto le sue pretese in materia di controllo impianti di riscaldamento, alle decisioni di ora della Commissione tributaria regionale) risolventesi - secondo l'espressione usata dalla Commissione regionale - in "un insieme di tautologie, che finiscono per limitarsi ad argomentazioni attinenti al mero nomen iuris".
Il privato ricorrente era difeso in Commissione tributaria dal dottor Franco Spezia. Il Comune dall'avvocatura del Comune (in persona di Elena Vezzulli) e dal dottor Ampellio Molinari.

da "La Cronaca"
quotidiano di Piacenza del 26/7/2004